
Erano diversi mesi che mancavo – da quando praticamente girai per HF Channel “Le Trote di Cicerone” – sul Fibreno. Questo magnifico corso d’acqua scorre in provincia di Frosinone nel cuore della Ciociaria a due passi da Sora, ospitando alcune delle trote più rare che il panorama italiano possa offrire. La trota macrostigma (Salmo Cettii, detta pure trota sarda) raggiunge in questo fiume taglie notevoli ed è preservata grazie anche ad un incubatoio ittico in cui ogni anno vengono dati alla luce (e riconsegnati al fiume) migliaia di avannotti di questa preziosa specie.
Trattandosi di una trota prevalentemente insettivora, anche da adulta la sua alimentazione non vira verso altri pesci rendendola la preda quasi perfetta per il moschista che vuole confrontarsi con avversari tutt’altro che banali. Se a questo si aggiunge che il Fibreno è il classico Chalk Stream gli elementi per una sfida accattivante ci sono davvero tutti.
Con questi pensieri e la consapevolezza che il caldo non era il miglior alleato ho caricato in macchina la mia Vipu 9’ #5 e sono partito per una pesca selettiva, possibilmente mirata solo agli esemplari migliori.
Una volta sul fiume la situazione però era peggiore di come pensassi. Le sponde erano estremamente ricoperte da arbusti e piante rendendo davvero difficile anche il roll cast; ad oggi il tratto è stato comunque ripulito dall’associazione locale per rendere migliore anche la percorribilità. Il solleone limitava moltissimo l’attività dei pesci alle zone in ombra e soprattutto ad inizio schiusa le trote si alimentavano solo qualche cm al di sotto del film superficiale dell’acqua. Purtroppo la condizione ambientale delle sponde complicava moltissimo anche la manovra con la sommersa e nonostante un paio di trote avessero dimostrato interesse nel richiamo della wet fly non ne sono conseguiti attacchi. Col passare dei minuti la frustrazione derivante da questa situazione veniva aggravata dal fatto che nessun altro stava ingannando in alcun modo i pesci, sintomo di un oscuro presagio di giornataccia.
Trovarsi in questa condizione può innervosire, me è anche uno stimolo a cercare di migliorarsi e individuare la chiave di lettura per ribaltare a proprio favore la situazione. E’ bastato attendere che gli insetti, anziché essere maggiormente al di sotto della superficie, si poggiassero come subimago a pelo d’acqua per vedere le prime serie bollate. Le serate trascorse sulle sponde di questo meraviglioso corso d’acqua mi hanno imparato che le imitazioni devono essere scarne il più possibile per non incassare rifiuti; pochi giri di filo di montaggio, qualche fibra e nulla più. Dopo qualche tentativo infruttuoso lego quindi al terminale di 15’ una classica Comparadun
(gli americani direbbero “God bless Al Caucci e Bob Nastasi”, i creatori di questa imitazione) e al secondo tentativo una bellissima macrostigma sale a ghermire l’imitazione.
La Vipu mi garantisce la giusta potenza e sensibilità per non rompere il sottile 0,12 del tip e la lunghezza di 9’ mi fa gestire la trota, nonostante i disperati tentativi di rifugiarsi nel sotto sponda davanti a me fra gli arbusti che mi separano dal fiume. Troppe volte ho notato persone pescare con canne corte su questo fiume; acquistano forse in presentazione e precisione, ma perdono la possibilità di rollare se hanno le piante dietro e soprattutto perdono in controllo del pesce durante il recupero. Guadinata e rilasciata dopo le foto di rito, il senso di liberazione ha ben presto lasciato però il passo alla sensazione che sarebbe comunque stata una serata difficil: le trote non bollavano molto e le poche in attività erano spesso molto selettive. Fortunatamente la Killergab
(nelle sue varie versioni) ha sempre dato i suoi risultati anche nel Fibreno e mi ha permesso di ingannare altre trote durante la serata, aumentando la soddisfazione a fine giornata.
Innegabile il fascino di insidiare trote tanto astute in un contesto degno di fiumi come l’Avon o il Test, per citare alcune risorgive molto famose d’oltremanica. Avere a disposizione un posto dove testare le proprie imitazioni, la capacità di adattamento e anche l’attrezzatura è davvero un privilegio.
Personalmente utilizzo finali lunghi e sottili con canne adeguate dato che i microdragaggi sono all’ordine del giorno, ma come spesso accade trovare un compromesso tra tip sottodimensionato e potenza dei pesci è operazione assai ardua. Inoltre, come nella più classica tradizione dei chalk stream, la presentazione “a scendere” (prima la mosca poi il finale da monte) aiuta ancor di più. Coloro che hanno avuto la fortuna di provare a insidiare le macrostigma del Fibreno sanno il livello di difficoltà che questa pesca può offrire; paradossalmente sotto la superficie (pescando con ninfa a vista) spesso sono più vulnerabili, a patto di riuscire però a manovrare correttamente l’imitazione e capire quando ferrare. Tuttavia è una tecnica alla quale ricorro solo in casi estremi di inattività, dal momento che la pesca a mosca secca nella risorgiva è la massima espressione di questa arte fatta di peli e piume, ma anche di osservazione e tecnica. Aspettare le bollate ed il momento giusto sono già di per se momenti emozionanti, a prescindere dall’esito finale. Come direbbe qualcuno “Non è forse l’attesa del piacere, un piacere stesso?” e perché privarsene quindi?