
Giovedì 11 Giugno 2015; è sera e ho ancora metà valigia da preparare; per fortuna dieci giorni fa ho messo dentro vestiario tecnico, esche e compagnia, altrimenti sarei fregato.
Sono le 20, io devo ancora farmi la doccia e finire la valigia, ma mi attendono per una pizzata pre viaggio a casa di Luca.
La serata scorre tranquilla tra risate e colpi di scena con le foto della sera prima, quando abbiamo festeggiato in modo tanto allegro quanto inaspettato la partenza………………..
Torno a casa, butto tutto quel che manca in valigia, chiudo e si va a letto.
Suona la sveglia, è ora, si parte!! Con Cristina, la mia ragazza che ci accompagna in aeroporto, andiamo a prendere Matteo e Luca, carichiamo la macchina stile esodati e partiamo alla volta di Linate: sono le 06:30 e dobbiamo essere lì per le 08:00.
Beh dai, tempo ne abbiamo tenendo presente dove abitiamo.
Guido io, e come di mia consuetudine ho una certa “sfiga” col traffico, e infatti a causa di un incidente la strada è pressoché bloccata.
Tra mille peripezie e deviazioni, con stupore generale nel guardare l’ora, riusciamo ad essere a Linate spaccando il minuto: sono le 08:00 e ci siamo!
Salutiamo i nostri compagni di viaggio, già tutti presenti, e ci accodiamo per il check in.
Sbrigate le formalità, facciamo colazione al bar e saluto Cristina che intanto deve liberare il parcheggio per non incorrere in qualche multa, o peggio, rimozione.
In un baleno siamo in aereo, destinazione Francoforte; ad attenderci L’aereo per il …… CANADA!!!!
A Francoforte il clima è goliardico tra i componenti del viaggio, ma ancora si vede che non ci si conosce.
Siamo in nove, tutti presi col cellulare, cerchiamo il wi-fi e mandiamo messaggi e messaggini; qualcuno a caso, Luca, gironzola pure sui social…..
Arriva la fatidica ora X, e ci imbarchiamo per Calgary. L’aereo è grande e io, Luca e Matteo siamo in una delle file centrali, ci aspettano quasi dieci ore di volo. Il mio primo pensiero raggiunto il mio posto: ma porca eva, un viaggio del genere e non posso neanche guardare giù??!! Chissà poi cosa si sarebbe visto da 13000 metri di altitudine….
Il viaggio è mortale, non passa più…si mangia, si beve, si dorme, si guardano film….ma a Calgary non si arriva mai…si potrebbe scrivere un articolo solo sul viaggio in aereo, ma mi limiterò a descriverlo con un aggettivo: infinito.
Persa la speranza di ritoccare la terraferma, ecco che come per magia atterriamo in Canada; sembra incredibile ma ce l’abbiamo fatta! ad atterrare….
Siete mai andati fuori dalla UE? Avete presente che in volo vi danno una cartolina da compilare? Una dichiarazione di ciò che avete dietro ecc per farvi rilasciare il visto una volta sbarcati insomma: bene, noi abbiamo dichiarato di avere delle attrezzature in valigia e di aver spedito qualcosa. In effetti io e Matteo abbiamo il pc e la digitale nel bagaglio a mano, abbiamo esche e mulinelli in valigia, e il tubo delle canne da un po’ l’idea di essere una cosa che abbiamo spedito, visto che ha seguito una strada diversa dal classico check in.
Io, Luca e Matteo: all’ufficio immigrazione!
Ma noooo!!! Ma siamo su Airport Security Canada???!!!!
Rivoltati come calzini, naturalmente interrogati in inglese, dobbiamo superare 3 diversi interrogatori! E io devo parlare anche per Luca che in inglese sa dire giusto yes e no…..
Occhi viola, stanchi come muli, superiamo le insidie della dogana e dell’ufficio immigrazione, dove gli agenti hanno capito che avevamo dichiarato erroneamente di aver spedito qualcosa. Ci augurano in sostanza un fantastico BUONA PESCA e ci congedano.
Tra l’ilarità e le domande dei nostri compagni di viaggio sull’accaduto, ci dirigiamo all’hotel dove pernotteremo prima di partire per Yellowknife, ultimo baluardo della civiltà prima di arrivare al lodge disperso nella natura.
Naturalmente ci sono problemi anche in hotel, perché a noi una cosa liscia non va mai, ma fortunatamente si risolvono in fretta, così che possiamo lasciare giù armi e bagagli e prepararci per una visita davvero particolare: il Bass Pro Shops di Calgary!
Beh chi di voi ha visitato un Bass Pro Shops può sicuramente capire cosa si prova la prima volta che si varca la soglia: noi sembravamo dei bambinoni in estasi mistica davanti a cotanta abbondanza di “giochini” Mangiamo un panino buono e malsano dentro il centro commerciale nelle adiacenze del Bass Pro e rientriamo in hotel in taxi, così come siamo venuti; finalmente possiamo farci una doccia e, dopo “non ne ho idea” ore, lanciarci su un letto che è di un comodo inaspettato, e sicuramente degno di nota.
Suona la sveglia: ma dove cavolo siamo?!?! Dieci secondi di buio totale, poi… ah sì!! IN CANADA!!!!
Carico come una molla, sveglio Luca e Matteo in camera con me e si parte…per la colazione!
Ci facciamo riconoscere da buoni italiani, e spazzoliamo il buffet; del resto da noi sono tipo le 16 o giù di lì e la fame si fa sentire.
Bene ci siamo, si parte per Yellowknife!
Viaggetto tranquillo da circa un’ora e mezza, in compagnia di una hostess davvero carina, cortese e simpatica! Eccola con noi all’arrivo.In questa foto possiamo ammirare un branco di pescatorus alloctonus, da destra: Matteo, Luca, Stefano, la hostess di cui non ricordo il nome, Sergio, Marco con giubbotto rosso, Bruno, Luca e in ginocchio Mauro; dietro a tutti tipo “testimone di professione”, Riccardo.
Bene, ormai ci siamo penso ad alta voce, manca solo l’idrovolante…e Bruno subito mi redarguisce, siamo a metà del viaggio! Whatt???? Non come ore, ma vedrai una volta salito sull’idrovolante mi dice….
Saliamo di nuovo in taxi, e ci dirigiamo verso la base degli idrovolanti; lasciamo qui le valige e andiamo a fare le licenze di pesca in una specie di supermercato del fai da te, o qualcosa del genere…sì peccato che i reparti caccia e pesca siano praticamente il doppio dei nostri negozi medi dei rispettivi sport.
Fatta la licenza e comprate ancora quattro esche e l’autan, importantissimo, torniamo alla base dell’idrovolante.
A detta di Bruno il bello del viaggio arriva ora…
Facendo due chiacchiere coi piloti, riusciamo ad ottenere il permesso di agganciare una gopro all’aereo per una ripresa mozzafiato, mentre un addetto stiva i nostri bagagli.Ci imbarchiamo e inizia la giostra…subito dopo il decollo il volo si rivela alquanto movimentato, saranno una quarantina di minuti di montagne russe!! Sì ma non preoccupatevi, il bello arriva con l’atterraggio…tre bei giri per scendere di quota come se si percorresse un cavatappi, e giù l’aereo in acqua quasi di schianto…ok ne abbiamo abbastanza di volare, vogliamo pescare!!!
Scarichiamo i bagagli, posiamo tutto nelle casette assegnateci e inizia la vacanza.
Qui i ricordi si fanno confusi, mi ricordo che ci siamo preparati e abbiamo subito fatto 4 lanci dal pontile dove erano ormeggiate le nostre barche, e qualcuno ha preso subito un pesce…dove poco prima era ripartito l’idrovolante… All’occhio di tutti balzano subito le nostre canne, le koz, che attirano l’attenzione coi loro colori sgargianti; poi saltiamo in barca e partiamo per il primo giretto di pesca: sono le 16:30 circa e alle 19:00 si cena, quindi non c’è molto tempo.
Il primo pesce lo prende Matteo, ma è piccolo…sarà un caso ci diciamo…invece fino a quando decidiamo di rientrare per cena, escono solo pescetti, tra i 20 e 60 cm…non vi dico i nostri commenti…se questa è la taglia pensiamo, bel viaggio che abbiamo fatto…
Sulla via del rientro, decidiamo di provare a trainare un po’ le nostre esche, tecnica che si rivela infallibile: il primo over metro della vacanza esce così, e sono io a prenderlo! Un bel 106cm
Il pinnuto si è divorato un replicant da 160 grammi montato sulla Koz Expedition 65 LH, mulinello Quantum Exo 301, treccia da 80lb e terminale fluoro coated da 1.20 mm.
A cena naturalmente divento subito l’idolo…e infatti gli insulti si sprecano! Mi toccherà offrire la cena a tutti….che per fortuna è compresa nel pacchetto vacanza!!
Ripartiamo dopo cena con il sole che non accenna a tramontare, e vediamo così i primi spot, che però non ci regalano grosse emozioni..qualcun altro invece stampa un bel 118.
Ricordare con esattezza la cronologia degli eventi mi è impossibile, quello che rimane in testa di un viaggio del genere sono le emozioni, che trascendono in realtà dalle singole catture, ed è davvero difficile raccontarle.
Ad ogni modo, nei giorni seguenti per fortuna le catture non si fanno attendere troppo, e la taglia è veramente notevole: difficile scendere sotto i 90 cm e i pesci da metro non si contano, non si misurano e non si fotografano: si slamano in acqua.
Quello che accomuna tutti questi lucci è la loro immensa forza e voracità; qualcuno aveva detto a Luca che in Canada i pesci non tirano: beh gli suggerisco di continuare a pensarla così e andare a pescare altrove che qui ci peschiamo noi.
Come dicevo, la forza di questi pesci è davvero notevole, e per contrastarli occorre un’attrezzatura all’altezza; non fraintendetemi, non si tratta di GT, Barramundi o altri pescioni esotici strappa braccia, ma se paragonati ai pesci presi in Italia, beh non c’è storia.
In questa lotta serrata, data soprattutto la quantità di pesci con cui ci siamo confrontati e la mole delle esche lanciate, ho davvero apprezzato la leggerezza e la facilità d’azione che la combo Koz ed Exo mi hanno garantito, soprattutto in relazione alla forza che questa attrezzatura possiede: nessun problema a contrastare fughe furibonde e ripartenze sotto barca in stile “spezza canna”.
Le giornate si susseguono, una via l’altra, tutte uguali nella forma, tutte diverse nelle emozioni.
Fare colazione con il saluto dell’aquila che volteggia maestosa, diventa un rito cui si fa fatica a rinunciare.Un giorno Bruno, l’esperto del posto per chi non l’avesse ancora intuito, ci porta in uno spot chiamato Tubin: appena arrivati non facciamo in tempo a lanciare le esche che l’acqua esplode letteralmente! Doppiette e triplette si sprecano! Poi si alza il vento, arriva la pioggia e l’attività cala, seppur non in maniera drastica.
Ci fermiamo per il pranzo al sacco attraccando vicino ad una capanna che se non ricordo male è il rudere di un vecchio lodge.
Mentre mangiamo i nostri panini, Matteo pone una domanda retorica: “ma l’orso non lo vedremo mai vero?” Mauro gli risponde che l’ultima che è stato qui l’aveva visto sulla collina della sponda opposta al braccio di lago dove siamo noi, ed indica un punto. Beh, che ci crediate o no, in quel punto c’è l’orso!!
Incontriamo così, con grande sorpresa ed in modo alquanto ironico, l’animale icona del posto, tanto che le targhe delle auto hanno la sua forma, ma siamo sfortunati e non riusciamo a fotografarlo, si sposta troppo velocemente e non riusciamo ad averlo a tiro di obiettivo.
Ci rimettiamo quindi a pescare, abbiamo ancora poco tempo da dedicare al posto visto che il vento ha ingrossato il lago e dovremo rientrare.
Una particolarità emersa nella vacanza, è la grossa differenza di comportamento del luccio canadese rispetto a quello italiano; da noi con sole, acqua cristallina e temperature gradevoli il cappotto è pressoché assicurato, qui in Canada invece il cielo azzurro spinge i predatori a funambolici attacchi anche a galla.
Con il vento e la pioggia, tanto cari a chi cerca il luccio in Italia, le cose qui si complicano; le catture si fanno più rade e ricercate e nei punti dove l’acqua si sporca troppo, sembra proprio che i pesci scompaiano: probabilmente si spostano in acque più profonde, che però non sono semplici da trovare.
Cerchiamo pertanto di concentrare i nostri sforzi nei punti con più acqua che riusciamo a trovare, e ancora qualche cattura la spuntiamo.
Il rientro sarà un viaggio da oltre un’ora tra le onde, che per la verità non sono enormi, ma ci fanno amabilmente dondolare e saltellare a tutto vantaggio di schiena e glutei…..
La sera, dopo cena, siamo un po’ stanchi e decidiamo di dedicarci a pescare intorno all’isola davanti al lodge: è la sera dei walleye!!
Per caso ne ferriamo uno pescando in verticale, facendo saltare l’esca sul fondo, e subito capiamo che c’è il branco. Ne prendiamo uno via l’altro finché stremati, poniamo fine alla giornata e rientriamo per la solita chiacchierata al lodge col sole della una di notte…
Siamo ormai a metà vacanza e le esche iniziano a portare i segni degli attacchi, qualcuna ha bisogno di un cambio di ancorette.
Abbiamo ancora un paio di giorni di pesca davanti, e ancora un sogno nel cassetto con cui siamo partiti: la Namaycush.
Parliamo con Don, il proprietario del lodge e ci dice che il tempo sarà discreto solo il venerdì, l’ultimo giorno di vacanza.
Attendiamo fiduciosi e carichi di aspettativa il venerdì, intanto ci consoliamo con luccetti dell’ordine del metro
Tra catture risate e mangiate, arriva l’ultimo giorno, quello fatidico in cui dovremmo andare a Namaycush salvo meteo avverso…
Di buon ora come al solito, facciamo colazione e ci prepariamo, poi cerchiamo Don per avere conferma della gita. Il suo sguardo non promette nulla di buono, e infatti ci comunica che il meteo prevede vento forte e quindi lago grosso dal pomeriggio; il rischio ci dice, è rimanere intrappolati fuori a dormire. Non sa che per le Namaycush siamo pronti veramente a tutto. Glielo facciamo capire, e allora ci accorda la presenza dei suoi figli per l’intera giornata con barca d’appoggio per benzina e viveri.
Si parte, Don ci dice di peschicchiare nei paraggi del lodge in attesa che i figli carichino la barca e ci raggiungano per procedere tutti insieme verso lo spot delle trote, visto poco prima sulla cartina.
Capitan Matteo, interpreta l’inglese in modo fantasioso, e forte di una memoria fotografica paragonabile alla cartografia di un gps, volge la prua verso lo spot e per due ore non molla il gas… poi ci guarda e ci dice che secondo lui ci siamo, siamo sullo spot. Della barca d’appoggio neanche l’ombra.
Iniziamo a trainare gli ondulantoni da trota, ci hanno detto che si pescano così questi salmonidi…e scopriamo che Matteo ci ha preso, siamo sullo spot! Dopo nemmeno 5 minuti ho un pesce in canna, è una Namaycush!!! Purtroppo si slama sotto barca, ma poco male, siamo certi di essere nel posto giusto.
Inizia così una delle più belle battute di pesca della nostra vita: immersi nella natura, noi, le nostre barche e le trote immacolate che cacciano le nostre esche. Questo non è solo pescare, questo è l’incontro sublime tra l’uomo e la natura di cui è dimentico ed inconsapevole, abituato ormai ad ogni genere di comfort e di lusso moderno, estasiato da ciò che un tempo era e per pochi ormai è ancora, la vita di tutti i giorni sulle rive del Great Slave Lake.
Anche in questa giornata le nostre fide Koz si rivelano perfette, in armonia con lo spirito di questo e dei viaggi in generale, capaci di lanciare esche da 10 come da 100 grammi e di percepire tutto ciò che accade in acqua, merito anche del trecciato certo, ma non è cosa comune ad una canna così polivalente; sta al pescatore possedere l’arte per domare l’attrezzo.
La barca d’appoggio ci raggiunge dopo più di un’ora dall’inizio della nostra attività, scopriremo al ritorno che ci hanno cercato per mari e monti, credendoci quasi dispersi, per poi far rotta verso lo spot e trovarci già in pesca.
Le catture che ci regala il Great Slave sono numerose e di taglia abbastanza sostenuta, parliamo di esemplari tra i 2 e 3,5 kg. Siamo contenti, anche se sappiamo che questi pesci arrivano a dimensioni veramente impressionanti. La nostra paura era di non vederne nemmeno una.
Alle 17:00 circa, decidiamo di rientrare al lodge, ci aspetta una lunga navigazione controvento e con lago decisamente mosso, sappiamo che sarà dura, ma abbiamo testa e cuore appagati, tutto quello che può accadere ci tocca molto relativamente.
Ci vorranno circa tre ore per rientrare, a fronte di un viaggio di andata poco più lungo di un’ora e mezza. Onde e vento ci mettono alla prova fisicamente, ma capitan Matteo non molla gas nemmeno in questo frangente, anche con le canne che sbattono e le esche che volano ovunque. Tremendo.
Rientrati al lodge veniamo accolti da Don, non so bene se come eroi o come superstiti; poco importa, abbiamo fame!! E’ la nostra ultima cena al lodge; un po’ di malinconia serpeggia tra di noi, ma le emozioni della settimana sono indelebili nei nostri cuori.
Dopo cena ancora qualche lancio, il tempo di un altro over metro, poi abbandoniamo definitivamente la pesca e prepariamo tutto per la partenza del giorno seguente.
La notte scorre inesorabile, e l’arrivo dell’idrovolante segna definitivamente la fine della vacanza.
Piove, imbarchiamo valigie ed attrezzatura e si parte. Stranamente è un viaggio molto tranquillo, e anche l’atterraggio a Yellowknife questa volta sembra avvenire sul velluto.
Ripercorriamo in senso inverso la strada dell’andata, già immersi nei ricordi di quanto è appena finito.
Check in diretto a Yellowknife per Linate, niente soste al ritorno.
In attesa del volo per Calgary, troviamo il wifi in aeroporto; è forse questo l’avvenimento che segna davvero la fine della nostra avventura, siamo di nuovo tutti chini sui nostri cellulari gonfi dei messaggi non letti da una settimana.
Rassegnati saliamo su un aereo dopo l’altro, affrontiamo l’interminabile viaggio da Calgary a Francoforte, e perdiamo il senso del tempo grazie al fusorario e ai pasti serviti ad orari che ci paiono improponibili.
La nostra mente, priva di contatto col tempo, si ritrova a dover affrontare in men che non si dica, la vista dall’aereo per Linate di posti a noi familiari…
Atterriamo a Linate, recuperiamo le valigie e usciamo dall’aeroporto; ad aspettarci i nostri cari.
Facce sconvolte, per il viaggio sicuramente, ma anche per il ritorno al mondo di tutti i giorni.
Ci salutiamo e ci diamo appuntamento al più presto per una pizza.
Fiato corto, l’aria qui è decisamente più pesante, si sente che siamo tornati a Milano; carichiamo la macchina, Cristina è venuta anche a prenderci, e torniamo a casa.
Il sogno è terminato e gli occhi ora accettano la foresta di cemento che ci circonda, ma l’anima… quella non si rassegna, e scalpita: attende solo di ritornare nel paradiso. E l’idea già balena in noi..
A presto Canada.
Ho letto con passione il racconto molto ben dettagliato di Stefano e devo fargli i complimenti. Ha appassionato molto e sembrava quasi vivere la loro meravigliosa avventura.
Ciao Stefano,
grazie di questo bellissimo ”diario di viaggio” , ai descritto benissimo quei giorni che rimarranno nei nostri ricordi indelebili…….come quel gusto di cannella del whisky che ti hanno sequestrato in dogana!!!!!!! Ti aspetto presto per una pescata insieme.
Bruno